Crolla la produzione di castagne e marroni italiani
In questa stagione le castagne non possono mancare. Nei secoli scorsi sono state un alimento fondamentale in diverse regioni d’Italia: in collina e in montagna, dove era più difficile coltivare i cereali, questi frutti, una volta essiccati e ridotti in farina, erano usati per preparare focacce, torte, frittelle e polenta.
Nel nostro Paese le aree collinari adatte al castagno sono molto estese e l’Italia è stata a lungo uno dei principali produttori al mondo. Il primato spetta però alla Cina, sia per la produzione che per l’esportazione. Le castagne cinesi (frutto della specie Castanea mollissima), sono diverse da quelle italiane che, come le altre prodotte in Europa, sono della specie Castanea sativa. Il nostro Paese è sempre stato un importante esportatore, ma da un po’ di tempo la produzione è crollata: da 50mila tonnellate all’anno nel periodo 2004-2008 a meno di 13mila tonnellate nel 2014, anno di crisi profonda. Rispetto al secolo scorso sono diminuite anche le estensioni dei castagneti. Le regioni con le superfici più estese rimangono Campania, Toscana, Calabria e Piemonte, seguite da Lazio ed Emilia-Romagna.
Per questi motivi l’export è passato da 21 mila tonnellate nel 2006 a circa 13mila tonnellate l’anno scorso. Le importazioni per contro sono salite da 5mila a 37mila tonnellate, con un picco di 40 mila nel 2012, anno in cui l’import è diventato per la prima volta prevalente sull’export.
“I dati di importazione ed esportazione – fa notare Tatiana Castellotti del Crea, Il Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria – riguardano le castagne fresche e secche. Secondo le nostre stime, la produzione in anni recenti è scesa notevolmente. Molto probabilmente le castagne importate sono state inserite nel mercato italiano per entrare nel processo di trasformazione, mescolate a quelle italiane. Le castagne importate in Italia non provengono dalla Cina ma soprattutto da Spagna e Portogallo e sono di buona qualità.”
Per “trasformazione” non si intende solo la produzione di farina, castagne secche o altri derivati delle castagne, ma anche la lavorazione (cernita, pulitura, confezionamento ecc.), necessaria per metterle in commercio. I dati di import/export mostrano che le regioni più attive nel settore – Campania e Piemonte – sono quelle in cui arriva buona parte dell’import e da cui ha origine la maggior parte dell’export: la Campania, in particolare, si aggiudica poco meno del 50% della quota importata e da qui partono il 40% delle esportazioni. È qui che buona parte delle castagne sono lavorate, confezionate e smistate per le diverse destinazioni, interne ed estere.
Ma cosa si trova nei negozi di ortofrutta e nei supermercati? In teoria basta leggere il cartellino posizionato vicino al prezzo per rendersene conto. La legge infatti prevede che l’indicazione della provenienza per l’ortofrutta fresca e le castagne siano comprese in questa categoria. Di solito per questi frutti è indicata un’origine nazionale però, secondo gli addetti ai lavori, i controlli sono scarsi e i dati relativi alle importazioni fanno pensare che in effetti sul mercato si debba trovare una buona quantità di castagne “straniere”, diversamente da quanto dichiarato in etichetta. Per questo motivo i cultori di castagne e di marroni (la varietà di maggior pregio) ritengono più affidabili i mercati dei contadini, o le sagre di settore che si svolgono in molte località. In queste realtà, tutti i produttori si conoscono e, se qualcuno tenta la truffa proponendo frutti diversi da quelli “locali”, viene facilmente individuato e allontanato per concorrenza sleale.
A parte l’origine, le castagne in commercio hanno prezzi diversi, correlati soprattutto alle dimensioni e al sapore. Per fare una buona scelta bisogna selezionare con attenzione il prodotto. Innanzitutto va detto che le castagne sono più adatte da cucinare lesse, mentre chi ama le caldarroste deve orientarsi sui marroni.
In Italia esistono 14 prodotti a denominazione di origine (Igp o Dop): quattro varietà di castagne, otto di marroni e due tipi di farina. Ricordiamo, per esempio, la castagna di Cuneo, la castagna di Montella, il marrone di Castel del Rio e il marrone del Mugello, tutte varietà Igp. Di solito però i sacchetti di castagne che troviamo al supermercato non riportano denominazioni di origine, anzi se osserviamo attentamente vediamo che spesso nello stesso sacchetto sono presenti frutti grandi e piccoli, chiari e scuri, alcuni si pelano facilmente altri meno.
Per rilanciare il settore occorre un percorso di valorizzazione dal punto di vista economico, ambientale e sociale. Ciò significa valorizzare la funzione paesaggistica e turistico-ricreativa di questa coltura; favorire l’associazionismo e fornire assistenza tecnica agli agricoltori. È poi necessaria una politica di carattere generale che promuova il consumo dei frutti del castagno. Con azioni che mirino alla rieducazione al gusto della castagna europea e che promuovano la conoscenza delle differenze tra le varie tipologie. Per questo motivo può anche essere utile la promozione di panel di assaggio, come avviene per esempio per il vino e l’olio extravergine di oliva.
“Realizzato nell’ambito del Programma generale d’intervento della Regione Emilia Romagna con l’utilizzo dei fondi del Ministero dello Sviluppo Economico. Ripartizione 2015”