Il consumo di plastica e la speranza per il futuro
Il consumo di plastica, mai così elevato nel mondo come in questo periodo storico, ha dato il via anche alla possibilità di riciclo e riuso di questo materiale. Un’industria fiorente di vera e propria economia sostenibile. Ogni anno nel mondo si producono oltre 350 milioni di tonnellate di plastica, delle quali, purtroppo, solo il 20% è avviato al riciclo. Il resto finisce in discarica o, molto spesso, nell’ambiente.
A ragion di ciò, un problema rilevante è rappresentato dai rifiuti di plastica smaltiti in modo inadeguato, ossia gestiti attraverso discariche aperte e non controllate che rischiano di contaminare l’ambiente, in particolare gli oceani. L’arrivo poi della pandemia di Covid-19 ha peggiorato la situazione: prima della crisi pandemica, molti stati avevano intrapreso, di comune accordo, azioni per ridurre il consumo della plastica. A livello europeo infatti nel 2019, il parlamento ha adottato una direttiva per togliere dalle nostre tavole molti consumabili di plastica come posate, cannucce e piatti.
L’improvvisa necessità di mascherine e altri dispositivi igienici ha, però, causato un’impennata della produzione di materiali plastici non biodegradabili, portando a una crescita dei valori della manifattura e al conseguente aumento del consumo di plastica. Ma non sono soltanto mascherine e guanti a preoccupare gli ambientalisti: la tendenza da parte dei consumatori a preferire ortaggi e frutta confezionata piuttosto che sfusa, già in crescita negli ultimi anni, è stata ulteriormente riconfermata durante i mesi di quarantena e successivi. Le persone non si fidano di mangiare ciò che altri potrebbero aver toccato, perciò sono portate a scegliere alimenti confezionati.
Inoltre, durante il lockdown, sono stati in tanti a ordinare cibo da asporto e fare acquisti online. Con la chiusura di ristoranti e negozi, i colossi del food delivery e dell’e-commerce hanno registrato una moltiplicazione dei profitti e delle vendite. Per questo da tempo si cercano alternative realmente valide, che possano sostituire i vecchi polimeri con altri più sostenibili: negli ultimi anni questi sforzi hanno iniziato a dare frutti. Un passo importante in questa direzione è stata la creazione del PBTL, un polimero che permetterebbe di riciclare la plastica pressoché all’infinito, senza che la qualità e le prestazioni ne risentano. Nello specifico il PBTL, dopo il trattamento di scomposizione, torna esattamente com’era prima di andare a costituire un oggetto, sia a livello cristallino sia per quanto riguarda le caratteristiche fisiche, come se la materia plastica non fosse mai stata lavorata. Ciò permetterebbe di riutilizzare la plastica per prodotti di qualità sempre elevata e sempre uguale; oltre agli utilizzi più comuni come quelli alimentari, questo materiale potrebbe essere impiegato anche nella componentistica per auto, nelle costruzioni e in una quantità di altri prodotti.
L’Unico limite, per ora, è che durante la scomposizione non devono esserci contaminazioni da parte di altre plastiche o altre sostanze, oltre al fatto che richiede un trattamento semplice ma per ora costoso, ovvero la bollitura in acqua in presenza di un catalizzatore a 100°C per 24 ore. Inutile sottolineare come avere un tipo di plastica riciclabile sempre al 100% sia un passo fondamentale, sia per l’ambiente che per l’economia, questo però non deve farci dimenticare l’importanza di una scelta più attenta ai prodotti che consumiamo e come decidiamo di smaltire i nostri rifiuti senza danneggiare l’ambiente nel quale viviamo, specialmente i mari che, in quest’ultimo periodo hanno visto un incremento dei rifiuti di plastica tale da creare vere e proprie isole di questo materiale alla deriva nei nostri oceani.
“Realizzato nell’ambito del Programma generale di intervento della Regione Emilia-Romagna con l’utilizzo dei fondi del Ministero dello Sviluppo Economico. Ripartizione 2018”.