Zucchero: al via la liberalizzazione e Coprob lancia il nuovo prodotto “Nostrano”
E’ ancora presto per capire quali saranno le reali conseguenze della totale deregulation del mercato dello zucchero in Europa, ma c’è da giurarci che l’Italia diventerà in poco tempo terra di conquista. In effetti, con l’abolizione delle quote – avviata con la riforma del 2006 e portata a compimento lo scorso 1° ottobre – l’Ue ha dato definitivamente il via libera ad una competizione senza esclusione di colpi.
Una decisione, quella di Bruxelles – osservano gli addetti ai lavori – che se da una parte determinerà effetti positivi per tutti i paesi comunitari, incluso l’Italia, i quali non avranno più alcun limite alle esportazioni, dall’altra, però, potrebbe rivelarsi un’arma a doppio taglio perché rischia di compromettere equilibri consolidati nel tempo, dal momento che gli stessi Paesi europei da predatori potrebbero diventare prede. Anche di produttori extra Ue che giocoforza intravedono nel vecchio continente un mercato potenzialmente assai redditizio.
Di certo, quello che tutti paventano – in primis, tra le mura amiche – è che la completa deregulation del settore, alla stregua di quanto è accaduto ad esempio per il latte, aprirà scenari inediti con una corsa al ribasso dell’indice dei prezzi, che potrebbe avere ripercussioni molto negative in termini di trasparenza e di garanzia di origine dei prodotti offerti. L’unica certezza, al momento, arriva dalle stime dell’Ue che ha previsto un aumento dell’export europeo da 1,3 a 2,5 milioni di tonnellate nel giro di pochi anni.
Stime che, in realtà, dicono poco sui potenziali contraccolpi della liberalizzazione del comparto, già alle prese nell’ultimo decennio con un’importante ristrutturazione del tessuto produttivo. Restando all’interno dei confini nazionali, i numeri sono impietosi: 10 anni fa il Belpaese aveva 19 stabilimenti da cui uscivano 1,4 tonnellate del prezioso carboidrato, il 17% della produzione continentale e il 75% del fabbisogno nazionale. Ben 233mila ettari di campi italiani erano piantati a barbabietola (un elemento preziosissimo nella rotazione delle colture) e il settore dava lavoro a oltre 7mila impiegati diretti.
Oggi, tutto è cambiato. In peggio. Dopo che nel luglio 2016 un nome storico dell’industria saccarifera italiana come Eridania è passato in mano francese, quest’anno in Italia gli impianti in funzione sono solo due: a Pontelongo in Veneto e Minerbio in Emilia, entrambi della Coprob. Un consorzio che, con i suoi 250 dipendenti fissi, riunisce 7.000 aziende agricole per un totale di 5.648 soci conferenti e gestisce 32.300 ettari seminati a bietole. Terreni che nel 2016 hanno prodotto 2.200.000 tonnellate di bietole, la cui lavorazione ha dato origine a 255.000 tonnellate di zucchero per un fatturato consolidato di 233 milioni di euro.
Quella di Coprob è un’organizzazione importante senza la quale l’Italia sarebbe uno dei pochi Paesi al mondo con un consumo di zucchero di 1.700.000 tonnellate a non disporre di una produzione nazionale, pur essendo il terzo mercato di consumo in Europa. Per mantenere l’attuale zoccolo duro di produzione, che oggi copre soltanto il 16% del fabbisogno di zucchero nazionale, Coprob – attivo sia nel canale industriale che in quello consumer con il brand Italia Zuccheri – ha deciso di puntare su due leve: quella sociale, da sempre suo punto di forza, per valorizzare pienamente la produzione nazionale. E quella dell’innovazione attraverso ingenti investimenti in ricerca e sviluppo per esaltare ancora di più la qualità e l’italianità dei prodotti.
Nasce da qui l’ultima novità di casa lanciata sul mercato il 1° ottobre. Si chiama “Nostrano”: è uno zucchero grezzo ricavato dalla barbabietola e non come da tradizione dalla canna da zucchero. “Nostrano è un prodotto che soddisfa i nuovi trend di consumo alimentari sempre più salutistici e orientati verso cibi genuini e poco raffinati – spiega Stefano Dozio, dg di Coprob -. Le sue caratteristiche tattili e organolettiche non differiscono da quelle dello zucchero di canna, in più offre ai consumatori la garanzia della qualità e della sicurezza alimentare tipiche del made in Italy”.
“Realizzato nell’ambito del Programma generale d’intervento della Regione Emilia Romagna con l’utilizzo dei fondi del Ministero dello Sviluppo Economico. Ripartizione 2015”