Negli ultimi cinque anni, le famiglie a basso reddito in Italia hanno dovuto affrontare un incremento significativo dei costi sanitari e delle cure mediche. Questo trend sta sollevando negli osservatori sempre maggiori preoccupazioni riguardo all’accessibilità e all’equità del sistema sanitario nazionale. Secondo i dati della Ragioneria Generale dello Stato, nel 2022 la spesa sanitaria totale in Italia ha sfiorato i 170 miliardi di euro, circa 3.000 euro pro capite. Di questa cifra, circa 40 miliardi di euro sono stati spesi direttamente dalle famiglie attraverso il cosiddetto “out of pocket”, ovvero le spese sostenute senza rimborso da parte del Servizio Sanitario Nazionale.
Nel 2024, la spesa sanitaria pubblica in Italia è stata pari al 6,2% del Prodotto Interno Lordo (PIL), un dato inferiore alla media dell’Unione Europea, del 6,8%. Questo sottofinanziamento ha portato a diverse criticità, tra cui carenze di personale medico e infermieristico, come evidenziato dallo sciopero dei lavoratori sanitari del novembre 2024, che hanno protestato per salari inadeguati e condizioni di lavoro difficili. Inoltre, l’insufficiente finanziamento pubblico ha contribuito all’aumento delle liste d’attesa negli ospedali pubblici, spingendo molti cittadini a rivolgersi a cliniche private per ottenere le cure necessarie.
L’aumento della spesa privata è stata la risposta alla crescente difficoltà del servizio pubblico a garantire l’accesso universale alle cure. Le famiglie a basso reddito sono particolarmente vulnerabili a questa tendenza, poiché dispongono di risorse limitate per far fronte a spese impreviste o elevate.
Negli ultimi anni, il finanziamento pubblico del SSN ha subito riduzioni significative. Secondo la Fondazione GIMBE, dal 2010 al 2019 la spesa sanitaria nazionale è stata ridotta di 37 miliardi di euro, di cui 25 miliardi in termini di tagli effettuati dal 2010 al 2015, mentre ulteriori 12 miliardi derivano da un sottofinanziamento rispetto a quanto programmato per il periodo 2015-2019. I tagli hanno aperto spazi per l’espansione del settore sanitario privato. Nel 2022, la sanità privata italiana ha fatturato 10,6 miliardi di euro, segnando un incremento dell’8,7% rispetto al 2019. La crescente presenza di operatori privati nel settore sanitario può portare a disuguaglianze nell’accesso alle cure, poiché i servizi privati sono spesso più costosi e non sempre accessibili alle fasce di popolazione con redditi più bassi.
I dati dicono che nel 2022 circa 14 milioni di italiani hanno rinunciato a curarsi, con il 60% di essi che ha indicato i costi elevati come principale motivo: significa che più di 8 milioni di italiani non si curano perché non hanno i soldi per farlo. Inoltre, il 15% ha dovuto chiedere aiuto ai familiari, mentre il 5% ha acceso un prestito bancario per pagarsi le cure. Il continuo aumento dei costi sanitari per le famiglie comporta diversi rischi, a partire dal peggioramento generale della salute pubblica: la rinuncia alle cure può portare a un aumento delle malattie non trattate, aggravando le condizioni di benessere generale della popolazione e aumentando la pressione sul sistema sanitario nel lungo termine.
Aumentano anche le disuguaglianze sociali: l’accesso alle cure basato sulla capacità economica può ampliare il divario tra le diverse fasce di reddito, creando una società meno equa e coesa. Infine, aumenta il rischio per la sostenibilità finanziaria del Sistema Sanitario pubblico, compromettendo il principio di universalità dell’assistenza e il diritto alla salute sancito dalla Costituzione.
È dunque fondamentale che le politiche sanitarie future si concentrino sul rafforzamento del finanziamento pubblico e sull’eliminazione delle barriere economiche all’accesso alle cure. Solo attraverso un impegno deciso in questa direzione sarà possibile garantire che tutte le famiglie, indipendentemente dal reddito, possano accedere alle cure necessarie senza dover affrontare difficoltà finanziarie insormontabili.
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