Dal 1° dicembre 2025 scatterà una vera e propria rivoluzione per gli autovelox italiani. Solo le multe rilevate da dispositivi registrati nella nuova piattaforma telematica del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (Mit) saranno considerate valide. Ma mentre parte l’“operazione trasparenza” sugli apparecchi di rilevazione della velocità, resta irrisolto il nodo più controverso: quello dell’omologazione, che potrebbe rendere nulle migliaia di sanzioni.
A seguito del decreto direttoriale n. 305 del 18 agosto 2025, il Mit ha attivato un archivio centralizzato e pubblico degli autovelox in uso in Italia. Enti locali, Polizia Stradale, Carabinieri e Province avranno sessanta giorni di tempo, fino al 30 novembre, per inserire nella piattaforma tutti i dati dei dispositivi: marca, modello, tipo, versione, matricola e riferimenti del decreto di approvazione o estensione.
Dal 1° dicembre, gli autovelox non registrati non potranno più essere utilizzati, e le multe da essi rilevate saranno nulle di diritto. Ogni modifica o aggiornamento dei dati dovrà inoltre essere comunicato tempestivamente, pena l’illegittimità delle sanzioni.
Il caos autovelox nasce nell’aprile 2024, quando la Cassazione, con l’ordinanza n. 10505/2024, ha stabilito che le multe elevate con dispositivi non omologati sono nulle, anche se gli apparecchi risultano semplicemente “approvati” dal Mit.
La Suprema Corte ha chiarito che approvazione e omologazione non sono equivalenti: solo gli strumenti “debitamente omologati”, come prevede l’articolo 142 del Codice della strada, possono costituire prova del superamento dei limiti di velocità. Tuttavia, a oggi, non esiste ancora una procedura di omologazione vera e propria, e la gran parte dei dispositivi in uso – quasi il 60% di quelli fissi e il 67% di quelli mobili – risulta solo approvata e spesso datata prima del 2017.
Non bastano i documenti di installazione o di revisione: se manca l’omologazione, la multa decade.