Il contenimento della Spesa Sanitaria e le sue conseguenze
Negli ultimi anni diversi Enti ed Organizzazioni internazionali e nazionali (Organization for Economic Cooperation and Development, Osservatorio Nazionale sulla salute nelle regioni italiane, etc.) hanno documentato che il welfare sanitario in Occidente e, in particolare, in Italia mostra segnali sempre più̀ allarmanti di crisi. In particolare: diminuzione della vita media vissuta in buona salute, caduta della natalità, aumento delle diseguaglianze tra aree del Paese e classi sociali, rinuncia alle cure per povertà, aspetto che in Italia riguarda ormai circa 8 milioni di persone.È opinione largamente condivisa che la crisi della Sanità nel Terzo Millennio sia dovuta a tre principali fattori:
• l’aumento e il mutamento dei bisogni assistenziali, in particolare legati a invecchiamento e fragilità;
• lo sviluppo delle scienze e tecnologie biomediche con costi sempre più̀̀ elevati dei farmaci e delle tecniche diagnostiche terapeutiche e riabilitative;
• la riduzione, in termini assoluti e relativi, delle risorse finanziarie pubbliche disponibili a seguito della crisi economica degli ultimi decenni.
Dall’inizio del XXI secolo sono in atto nell’Unione Europea provvedimenti per il controllo e il contenimento della spesa pubblica per la “salute”, che nel 2015, secondo Eurostat, è stata equivalente al 7,2% del Pil dell’Ue, mentre in Italia la spesa è poco sotto la media: 7,1%. Al contempo è documentato l’aumento esponenziale della spesa privata, che in Italia è stimata in 35 miliardi/anno di euro.
A tali problematiche le Autorità̀ di governo nazionale e regionale, col supporto di esperti in management aziendale e/o sanitario, hanno dato risposte essenzialmente di tipo tecnico-gestionale, con l’obiettivo di controllare e contenere la spesa pubblica.
Tali provvedimenti hanno determinato una progressiva riduzione e un concreto razionamento delle prestazioni erogate, sia pure quando effettuati con razionalità scientifica.
Nella stessa direzione si è mossa la riduzione del costo del personale sanitario con blocchi del turnover, che ha causato la perdita di circa 50 mila operatori sanitari dal 2009 al 2016 e la riduzione della spesa per il personale, che pesa sempre meno sul totale dei costi, -8,6% nell’ultimo quinquennio (Annuario 2017 Ragioneria Generale dello Stato, Report Cgil gennaio 2017). Tutto ciò ha innescato un diffuso precariato di lavoro medico e infermieristico (si stima una quantità̀ di circa 20 mila operatori precari) con disagi assistenziali difficilmente quantificabili, ma sicuramente notevoli.
Dopo un ventennio di tali politiche, l’obiettivo di controllare la spesa pubblica è stato raggiunto, come attesta il Rapporto “Monitoraggio della spesa sanitaria 2017” della Ragioneria generale dello Stato, che certifica come il valore medio della spesa sanitaria, dopo decenni di crescita, dal 2010 al 2016 è invece diventato persistentemente negativo: – 0,1 per cento/anno.
Ma la positività̀ di tali provvedimenti finisce al raggiungimento dell’obiettivo finanziario di contenimento della spesa pubblica per la salute.
Tutti i suddetti provvedimenti vengono sostanzialmente ormai riproposti ogni anno come rimedi salva-sistema, razionando sempre più̀ i servizi offerti.
Ma, ancor più̀ della riduzione delle singole prestazioni assistenziali, il risultato negativo di tali politiche “efficientistiche” è stata la progressiva emarginazione dei due attori protagonisti della medicina, ovvero della relazione di cura medico-paziente. Quest’ultimo è ormai una comparsa senza diritti e spesso può solo sperare di “conoscere qualcuno” per ricevere la prestazione appropriata, mentre il medico, e ogni operatore sanitario, deve lavorare in un contesto strutturale e organizzativo deficitario e sottostare a mille procedure e norme burocratiche, senza reale autonomia ma con tutta la responsabilità̀ del caso.
Pertanto si può affermare che le politiche sanitarie finora attuate hanno aggravato ancora di più quello che è, forse, il principale elemento caratterizzante la crisi del welfare: il progressivo calo fino all’annullamento della partecipazione democratica delle persone e delle popolazioni alle scelte che riguardano il proprio lavoro, la propria salute e vita.