La Medicina Difensiva e le sue implicazioni
La medicina difensiva è un argomento di particolare attualità data la situazione socio-economica che sta determinando una sempre maggiore attenzione alla spesa pubblica. La medicina di famiglia essendo il naturale tramite fra il paziente e il Servizio Sanitario Nazionale si trova ad essere in una posizione molto scomoda visto lo scontro continuo tra la necessità di una sempre maggiore razionalizzazione della spesa sanitaria e un sempre maggior rischio di azioni legali da parte dei pazienti.
Si parla di medicina difensiva quando i medici ordinano test, procedure o visite (medicina difensiva positiva), oppure evitano pazienti o procedure ad alto rischio (medicina difensiva negativa), principalmente, ma non necessariamente, solo per ridurre la loro esposizione ad un giudizio di responsabilità per malpractice.
Sotto l’aspetto legale la Sanità è un diritto, garantito dall’articolo 32 della Costituzione, il paziente è titolare del diritto e dunque attento alla prestazione, e lo Stato deve poterla garantire senza conflitti d’interesse. La responsabilità professionale del medico è prevalentemente frutto della elaborazione giurisprudenziale ed è stata così sancita: “Le obbligazioni inerenti l’esercizio della professione sanitaria sono di comportamento e non di risultato, nel senso che il professionista assumendo l’incarico si impegna a prestare la propria opera intellettuale e scientifica per raggiungere il risultato sperato, ma non per conseguirlo. In conseguenza l’inadempimento del sanitario è costituito non già dall’esito sfortunato della terapia e dal mancato conseguimento della guarigione del paziente, ma dalla violazione dei doveri inerenti allo svolgimento dell’attività professionale” (Cass. n. 231, 25 gennaio 1969 e n. 3044, 13 ottobre 1972).
L’incidenza dei costi della medicina difensiva sulla spesa sanitaria nazionale è del 10,5%. Stiamo parlando di un costo per lo Stato di 10 miliardi di Euro, pari allo 0,75 del Pil. Roberto Lala, Presidente dell’Ordine Provinciale dei Medici Chirurghi e Odontoiatri di Roma, tra i relatori di un convegno di studi promosso da Cosmec con il contributo di Merck tenutosi a Roma nel Maggio 2013, ha riferito che un eccesso di “autotutela” da parte degli intervistati viene esercitato negli esami strumentali (il 22% del totale vengono prescritti per abbondare in sicurezza), mentre gli esami di laboratorio e le visite specialistiche prescritte a titolo “difensivo” costituiscono il 21% del totale.
“Questi comportamenti – continua Lala – nascono come reazione di autodifesa da parte dei medici alla crescita del contenzioso legale in campo sanitario, e generano un sensibile aumento dei costi per il Servizio Sanitario Nazionale”.
Statistiche alla mano, la percentuale dei giudizi conclusisi a favore dei medici è di gran lunga più elevata di quella dei giudizi conclusisi con una condanna dei medici e/o sanitari. Ciò si deve a diversi fattori. Innanzitutto, deve rilevarsi che nell’esercizio della sua professione il medico può incorrere in varie tipologie di responsabilità: civile, penale e disciplinare. Responsabilità, tutte, conseguenziali agli elementi qualificanti che connotano la responsabilità medica quale attività di carattere intellettuale improntata, oltre che ai generali canoni di diligenza e prudenza, alle specifiche regole del settore di riferimento del professionista ed al precipuo carattere personale della prestazione ai sensi dell’art. 2232 c.c. che si traduce in autonomia e discrezionalità nell’esecuzione della ars medica, anche, laddove si inserisca in un rapporto di lavoro subordinato.
La ricetta F.I.A.S.O. (Federazione Italiana Aziente Sanitarie Ospedaliere) per arginare contenzioso clinico e medicina difensiva si concreta in una copertura assicurativa obbligatoria per ASL e Ospedali tramite compagnia assicurative e fondi regionali di “autoassicurazione”; Azione disciplinare obbligatoria in caso di colpa grave del personale sanitario; Rapida approvazione delle tabelle ministeriali per la quantificazione del risarcimento danni derivanti dall’attività sanitaria; “manleva” da parte delle strutture sanitarie del proprio personale in relazione a eventuali condanne emesse per fatti illeciti. Il tutto facendo salvo il diritto di regresso dell’azienda sanitaria nei confronti del personale con sentenza passata in giudicato per dolo e colpa grave e, non da ultimo, colmando la lacuna normativa che non mette paletti alla responsabilità civile e pensa del professionista sanitario.