“L’ETICA DELL’ARMADIO” CONTRO FAST FASHION E INQUINAMENTO AMBIENTALE
La Fast Fashion, o moda ‘usa e getta’, non presta molta attenzione ad un utilizzo duraturo degli indumenti, considerando la produzione di vestiario come qualcosa da indossare per una stagione e poi ‘buttare’. Per questo motivo contribuisce in modo diretto all’inquinamento ambientale causato dall’industria tessile, rendendola la seconda più inquinante al mondo, nonché tra le prime per consumo energetico e di risorse naturali.
Per questo è necessario che i consumatori si facciano un esame di coscienza e che si rendano conto che anche i criteri con cui consumiamo “moda” devono cambiare: deve essere un consumo più etico, più informato. La strada intrapresa ultimamente sembra essere quella giusta, stando ai risultati del Report 2020 sulla moda consapevole, stilato prendendo in analisi sia i dati della piattaforma Lyst sia il volume delle ricerche, le pagine visitate, il tasso di conversione e le vendite realizzate su Google. Le indagini sono state condotte su parole chiave, materiali e prodotti digitati dagli utenti durante le loro ricerche. Allo stesso modo, si è tenuto presente tanto della copertura mediatica globale quanto delle menzioni generate sui social media.
Dall’inizio del 2020, Lyst ha osservato un aumento del 37 per cento nelle ricerche di parole chiave correlate alla sostenibilità. Abiti di seconda mano, articoli di moda frutto di un riuso creativo e capi provenienti dall’industria della slow fashion interessano sempre di più i consumatori del web.
Se analizziamo nello specifico le richieste, secondo il Report 2020 sulla moda consapevole quelle di pelle vegana sono in continuo aumento e in un mese superano le 33mila, invariate quelle con parola chiave falsa pelle, mentre è in costante aumento l’uso di termini come pelle vegana ecologica. A registrare un incremento sono state anche le ricerche di tessuti ecologici come cotone organico e derivati dalla plastica riciclata, che sono aumentate rispettivamente del 23 per cento da novembre 2019 e del 35 per cento da gennaio 2020. Allo stesso modo, aumenta l’interesse anche per la parola chiave biodegradabile con una crescita del 10 per cento nelle ricerche dall’inizio dell’anno. Pelle e pelliccia vera, invece, calano del 3,5 e dell’8 per cento rispetto all’anno precedente.
Tra i prodotti più desiderati particolare interesse viene riposto ai gioielli riutilizzati (più 90 per cento) e ai gioielli etici (più 60 per cento). Hanno ormai raggiunto i massimi storici le parole chiave eco t-shirt e abbigliamento sportivo sostenibile con una media mensile di oltre mille ricerche. Ad aumentare è anche l’uso di parole come piumino sostenibile, giacca di pelle vegan e costumi da bagno ecologici che registrano una crescita del 65 per cento.
A smorzare l’ottimismo dei risultati, purtroppo, è la constatazione che l’Italia non rientra tra i paesi più attivi nella ricerca dei prodotti sostenibili, con un incremento del 20 per cento nelle ricerche rispetto all’anno precedente, ben lontana dai leader della classifica, Danimarca (più 114 per cento) e Australia (più 110 per cento).
Oltre ciò, non sempre a un cambio di mentalità corrisponde un immediato cambiamento negli acquisti e nelle abitudini di consumo. E’ oggettiva la presenza sul mercato di una quantità di abbigliamento e di merce non giustificata né necessaria (complessivamente si producono 156 miliardi di abiti all’anno e tonnellate di scarti tessili finiscono nelle discariche) con conseguenti danni ambientali e sociali. Sotto accusa, soprattutto, la fast fashion: con i prezzi che ha, è inevitabile che la moda veloce fatichi a rispettare le regole ambientali, soprattutto in Paesi dove praticamente queste regole non esistono. Comprare una maglietta a pochi euro vuole quasi sempre dire che è stata prodotta bypassando il rispetto dell’ambiente: senza filtri per le acque reflue, senza rispettare il tipo di colorante che va usato – che costa un po’ di più perché non ha i metalli pesanti – e senza nemmeno troppi scrupoli verso i diritti dei lavoratori.
Dal 22 agosto, il Giorno del Sovrasfruttamento della Terra del 2020, fino alla fine dell’anno, l’umanità accrescerà il proprio deficit ecologico con la Terra, che è aumentato costantemente dai primi anni ’70. Dati più che sufficienti per sostenere e intraprendere una moda più etica e sostenibile, che utilizzi materiali organici, fibre naturali certificate, materie prime di qualità, biodegradabili o quantomeno riciclabili, puntando in ogni caso su abiti la cui durata vada oltre una singola stagione.