Rinnovata l’autorizzazione all’uso del glifosato. Scoppiano le polemiche per i potenziali danni alla salute
La prima autorizzazione comunitaria per il glifosato in base alla normativa sui pesticidi risale al 2002 (prima valevano le norme nazionali). La regola vuole che le agenzie regolatorie rivalutino periodicamente la sicurezza per la salute e l’ambiente, tenendo conto di nuovi dati, in modo che le autorità competenti possano decidere se rinnovare l’autorizzazione per la commercializzazione. È dal 2012 che è iniziato il processo di rivalutazione del glifosato.
Dopo lunghe discussioni in sede europea passa a maggioranza l’ok all’uso del glifosato in agricoltura per altri cinque anni, in vista della scadenza dei permessi di utilizzo prevista per il prossimo 15 dicembre.
A spostare l’ago della bilancia è stato il voto favorevole e a sorpresa della Germania, che si è aggiunto a quello di altri 17 Paesi, mentre Italia, Francia, Ungheria, Belgio, Lussemburgo, Austria, Malta, Cipro e Grecia hanno ribadito il loro no all’impiego dell’erbicida, considerato nocivo dalla Iarc (Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro dell’OMS), ma non dalle due agenzie europee per la sicurezza alimentare (Efsa) e per le sostanze chimiche (Echa).
Una decisione destinata a suscitare non poche polemiche se si pensa che solo pochi mesi erano state raccolte più di un milione di firme di cittadini europei per riformare il processo di approvazione dei pesticidi e fissare dei vincoli per ridurne l’uso nell’Unione.
E questo voto non attenuerà certo le paure sui potenziali rischi per la salute legati all’uso del glifosato, commercializzato dai primi anni ’70 dalla multinazionale Monsanto e oggi sfruttato a livello mondiale per i suoi bassi costi e l’elevata efficacia nell’eliminare le piante infestanti.
La sostanza è da anni sul banco degli imputati come potenziale causa di tumori e alterazioni del DNA, oltre che per i rischi ambientali legati all’utilizzo, ma la sua messa al bando non risolverebbe il problema dell’uso di sostanze inquinanti e nocive in un’agricoltura che si fa sempre più intensiva e mira al continuo abbassamento dei costi di produzione. Come a dire che la campagna contro il glifosato può essere “solo” il primo passo di una battaglia ben più generale a tutela della salute e dell’ambiente.
Il dibattito resta comunque aperto, in attesa che la ricerca scientifica trovi strade alternative e naturali all’uso degli erbicidi, e che la politica pensi a una produzione agricola più sostenibile e priva di rischi.
Ma cos’è esattamente il glifosato? Il glifosato è un diserbante economico e semplice da utilizzare. La molecola è stata sintetizzata negli anni Cinquanta nei laboratori della Cilag e una ventina di anni dopo nei laboratori della Monsanto è stata scoperta la sua azione come erbicida ad ampio spettro. La sua diffusione è cominciata su larga scala nei decenni seguenti, con l’introduzione sul mercato delle prime colture geneticamente modificate resistenti al glifosato. Da allora l’uso della sostanza è aumentato globalmente di 15 volte. Dal 2001 il brevetto è scaduto e il glifosato viene utilizzato da molte aziende nella formulazione di diserbanti utilizzati non solo in agricoltura, ma anche nei prodotti per il giardinaggio e soprattutto per la manutenzione del verde, vale a dire per eliminare le erbe infestanti dai bordi di strade, autostrade, binari ferroviari.
Si è anche parlato, negli ultimi anni, della presenza di glifosato in prodotti come pasta, cereali, biscotti e fette biscottate. Diversi studi di comparazione, tra cui i test condotti dall’associazione GranoSalus hanno dimostrato la presenza della sostanza ma “i tenori riscontrati sui campioni di pasta sono contenuti e, nei casi peggiori, sono comunque molto inferiori ai limiti previsti dalla legge. Ipotizzando che un bambino di 20 kg mangi due porzioni di pasta al giorno (80 grammi ciascuna), la quantità di glifosato assunta sarebbe di circa 600 volte inferiore alla dose giornaliera accettabile, ovvero la quantità di pesticida che può essere assunta in un giorno senza rischi”.
Tutti possono entrare in contatto con questa sostanza chimica, sia per esposizione diretta durante le applicazioni in agricoltura e nel giardino, che attraverso l’acqua, le bevande e gli alimenti di origine vegetale (pane, pasta, cereali, legumi, nei quali viene spesso usato come disseccante prima del raccolto), la carne e i suoi trasformati, in particolare laddove gli animali vengano nutriti con derivati da piante OGM.
“Realizzato nell’ambito del Programma generale d’intervento della Regione Emilia Romagna con l’utilizzo dei fondi del Ministero dello Sviluppo Economico. Ripartizione 2015”